Le Paris des poètes maudits
Correva l'anno 1883 quando Paul Verlaine pubblicò sulla rivista Lutèce alcuni saggi, dedicati a poeti che, con una celeberrima definizione, accomunò come "poètes Maudits": i massimi esponenti non solo della poesia simbolista, ma di quella che divenne l'estetica dominante del tempo. Un'estetica contrassegnata dal mito de "l'Ideal Artificiel", che attraverso il loro versi permane nel tempo. E così irrompono nel nostro immaginario l'imprescindibile "Spleen", la passione per i viaggi e luoghi esotici, i miti antinaturali di Parigi, la megalopoli moderna per eccellenza. E poi ancora il dandysmo come stile di vita, le raffinatezze degli interni, gioielli e preziosi, il trucco pesante e l'hashish, l'assenzio e l'alcool, le "perversioni sessuali", il niente mallarmeiano, l'universale bisogno di assoluto, e per dirla con Rimbaud, il "salto verso le cose inaudite e innumerabili". Nella loro poesia, l'armonico ordine universale si compone di analogie universali, delle celebri associazioni tematiche, dei paesaggi d'anima, degli accostamenti sinestetici. E per dirla ancora con il veggente Rimbaud sono giunti "au fond de l'inconnu pour trouver du nouveau". Ed ecco, è la loro ricerca dell'ignoto a parlare ancora e universalmente a noi tutti in questo prezioso volume, con parole, suoni e immagini divenute imperiture, dove Parigi fa da (in)naturale sfondo.
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